Spinta propulsiva culturale

L’ era postmoderna attuale ( dal 1973 – ma più precisamente dal 1990 ) ha come caratteristica principale l’ inaudita percezione di termine della storia – da intendersi come termine dell’ era dei miti, della ” storia come era una volta “, delle icone simbolo, dell’ innovazione e dei pionieri, e dell’ immaginario futuro. Nessuno storico o sociologo ne parla ma siamo intrappolati da decenni in un bizzarro e continuo riflusso di nostalgia, la musica, la cultura, la televisione, sono ripiegate verso il passato, in un loop continuo di revival, remake, retrò. Ci dovremmo accorgere che nessuna ” icona ” attuale persisterà nei ricordi nei decenni a venire, che la musica stilisticamente ha cessato di cambiare ed è praticamente morta creativamente. E’ un fenomeno inedito nella storia e andrebbe studiato a fondo. Secondo il nostro blog questo fenomeno definirà il Ventunesimo secolo. Potrebbe addirittura trattarsi di un tramonto definitivo della nostra cultura.

Cito il mio amico blogger da Civiltà Scomparse:

All’inizio degli anni ottanta, uno dei padri politici dell’eurocomunismo, Enrico Berlinguer, criticando l’allora più che asfittico Politburo sovietico (il quale accumulava armi, invadeva stati e perseguiva gli ubriaconi nella madrepatria), aveva detto, durante uno dei suoi comizi, che “la rivoluzione d’ottobre aveva perso la sua spinta propulsiva”.
Adesso, quasi nove anni dopo che gli USA hanno commesso lo stesso identico, stupido errore dell’URSS – ovvero l’invasione dell’Afghanistan (e poi l’Iraq) – possiamo affermare che “l’occidente ha esaurito la sua spinta propulsiva”.

Possiamo davvero ancora vedere “le magnifiche sorti, e progressive” nel futuro?
Certo, non siamo noi “proletari” a vederle, ma, per esempio, i tecnocrati  dell’Unione Europea, il cui sogno è quello di un superstato continentale con un’unica moneta (sappiamo qual è visto che la maneggiamo tutti i giorni), un’unica bandiera (quella blu con le stelle gialle), un unica banca centrale, un’unica forza militare, magari usata anche all’interno dei confini, per reprimere un domani coloro che non saranno d’accordo con le decisioni di Bruxelles, Strasburgo e Francoforte. Inoltre, secondo alcuni critici del Trattato Di Lisbona – la cui ratifica non l’hanno voluta i cittadini europei ma i politici-banchieri – un domani, sul territorio europeo, si potranno spostare coloro che sono in arresto, da una prigione di ogni zona all’altra del futuro iperstato (dall’Irlanda a Malta a, forse, Israele).
L’obiettivo di queste persone che nessun cittadino europeo ha mai eletto (e non stiamo parlando del parlamento di Strasburgo) è quello di “semplificare il continente”, di modo che sarà poi più facile per la Bundesbank, e satelliti, aggregarsi all America Settentrionale della Federal Reserve (e associati) contro tutto il resto del mondo: Russia, Cina, Iran, paesi arabi e America del sud.
Ovvero contro quella parte del mondo che non ci sta a indebitare la propria economia all’usura legalizzata dei grandi colossi bancari anglosassoni.
L’occidente gioca in difesa più che in attacco. Il suo regime che, come abbiamo scritto varie volte, è basato sulla persuasione occulta e la programmazione neurolinguistica di massa, ha vissuto senza dubbio tempi migliori. Un crescente numero di persone nel mondo, grazie all’informazione alternativa diffusa soprattutto attraverso la Rete, si sta rendendo conto di come sia quotidianamente ingannata dall’informazione mainstream del “mondo libero” capeggiato, come al solito, dagli USA.
E il “mondo NON libero” (il quale, fino agli anni ottanta, erano i paesi comunisti e i loro alleati) adesso qual è? Ovvio, sono i “terroristi di matrice islamica”, che vogliono mettere le mani sulla bomba nucleare, è (questo è veramente un paradosso!) il minaccioso “riscaldamento globale dovuto alle emissioni di Co2”.
E’ comunque essenziale informarsi sia presso i canali ufficiali (compresi la radio, i giornali cartacei e la televisione) sia presso quelli non ufficiali, e confrontare spesso le due fonti.
Se la maggior “spinta propulsiva” dell’occidente, dal XVII-XVIII secolo in avanti, è stata l’ “evoluzione delle novità” (dovuta anche alla rivoluzione scientifica e la rivoluzione industriale), ciò si è acuito nell’ottocento e nel novecento (velocizzandosi proprio nel periodo delle grandi bufere militari mondiali), per poi raggiungere il picco nei trent’anni successivi alla seconda guerra mondiale.
Negli anni cinquanta e sessanta si poteva ancora parlare tranquillamente di “magnifiche sorti” del progresso, e del lavoro collettivo che produceva questo progresso (dall’illustratore all’operaio). Vi era una certa vastità delle speranze nel futuro, anche tra lo stesso “proletariato” politicizzato. La Storia con la S maiuscola si viveva tutti i giorni, con gli incontri tra Krusciov e Kennedy, le minacce di blocco di Berlino Ovest – che portavano all’edificazione del famigerato muro, gli astronauti e i cosmonauti i quali – grazie alla tecnologia figlia del settecento e dell’ottocento – avrebbero potuto orbitare intorno alla Terra e andare sulla Luna. Vi era Storia tutti i giorni, sulla Domenica Del Corriere e su Paese Sera, nei film di Fellini, Bergman, Godard, Truffaut e Pasolini, nei saggi di Foucault, Calvino, Manganelli, Sartre e Popper, nei romanzi di Nabokov e nei racconti di Borges. Vi erano artisti veri, letterati veri, critici veri, intellettuali veri, musicisti veri di ogni genere, dalla classica al jazz al rock.
Poi venne il periodo terminale, finale, dal 1968 al 1971, la Storia finì, ma ciò non venne mai scritto su nessun giornale. Gli “accordi di Bretton Woods” del 1945 (i quali ancoravano ogni valuta del mondo alla quotazione del dollaro USA e questo alle riserve auree di Fort Knox) vennero aboliti dall’amministrazione Nixon, e le maggiori banche monopoliste dell’occidente (prima fra tutte la già citata Federal Reserve) cominciarono davvero – con i cambi fluttuanti – a indebitare interi stati con denaro stampato proveniente dal nulla, e in seguito trasferito telematicamente da una parte all’altra del mondo, con la stessa velocità con cui ora sto scrivendo con la tastiera (e tutto questo esponenzialmente accelerato grazie alle carte di credito ed altre diavolerie, come i microchip RFID).
Nel 1973 venne la crisi petrolifera dovuta alla guerra tra Israele ed Egitto-Siria, e l’arte, il cinema, la musica, la letteratura smisero di esistere. Si, successe da un giorno all’altro e solo pochissimi allora se ne resero conto. Fu in quegli anni che ebbe inizio la fase di crisi profondissima che viviamo ancora oggi anzi, oggi la stiamo toccando con mano nella maniera più piena, assoluta e totale; la vediamo negli sguardi vuoti dei giovani sugli autobus, che ascoltano la musica dei Tokio Hotel, dei Finley o di Marco Carta con gli auricolari leggendo l’ultimo libro di qualche scrittore di cui poi si vedrà tratto un film romantico con Raoul Bova, la vediamo nella sterminata quantità di pornografia che circola a qualsiasi ora del giorno e della notte, nei McDonald’s e nelle multisala che proiettano film fuori tempo massimo.
La vediamo nel marketing politico che contagiò persino Fausto Bertinotti nel 2005, e nell’impero mediatico di Rupert Murdoch, la vediamo nei No Global che sono più Global di quelli che combattono (una foto che mostrava uno di questi arrestato dalle “forze dell’ordine” faceva vedere che aveva delle scarpe Nike ai piedi!), la vediamo nei videogiochi e nei film che raccontano sempre la stessa storia da perlomeno quindici anni.
La vediamo in una televisione svuotata di ogni idea, che “ha già (ampiamente) dato”.
L’amministrazione Obama cerca ancora di spacciarci il tempo futuro, dicendoci che entro il 2025 o il 2030 “andremo su Marte”, in puro sixstiest’ style
Non casualmente, dal periodo della fine della storia negli anni settanta in poi, l’informazione automatica in tempo reale e ovunque, è stata sempre più presente nelle nostre vite, con la progressiva miniaturizzazione dei calcolatori elettronici, i quali hanno cominciato a elaborare di tutto, anche flussi di dati che si trasformano in brani musicali e film, distribuiti poi in una Rete telematica globale.
E adesso una marea gigantesca di informazioni che si sono in qualche modo accumulate lungo la Storia, circola da una parte all’altra di un globo miniaturizzato rispetto ai secoli passati.

Il Regime è nel voler – da parte delle élite dominanti, con la determinante collaborazione delle masse anestetizzate dai media e da un’alimentazione sbagliataproseguire una Storia che non c’è più, una visione di accumulo temporale “dal passato al futuro seguendo una linea retta” che è ampiamente screditata, ma che fa il gioco dei mutui da accendere in banca, e dei contributi per la pensione prossima ventura (che non ci sarà mai).

Il 1956 è da lui identificato come il punto più caldo del ventesimo secolo, quando la spinta propulsiva culturale era ai massimi livelli. E’ probabile che non tornerà ai fasti di quest’ epoca.

Cito da Civiltà Scomparse:

Questo blog ne ha parlato diverse volte. Comunque, cerchiamo di rendere il discorso abbastanza sintetico e semplice. E’ indubbio che lo stile di vita occidentale stia vivendo una crisi, forse più ancora che di valori, di senso e di prospettive. Le forze e gli avvenimenti dell’attuale civiltà sono andati molto più veloci delle maniere con cui vengono descritti. Prospettive inedite riguardanti argomenti dello scibile umano come la Storia – persino quella contemporanea – faticano a tenere il passo con ciò che viene comunemente conosciuto, il quale è definito “senso comune”.
Anche se non si è complottisti o dietrologi, si percepisce facilmente come vi sia un “dietro le quinte” degli avvenimenti internazionali, non considerato seriamente dal palcoscenico in cui si muove l’informazione dei grandi media.
Lo stare a misurare e calcolare – come fanno gli amici del forum di LuogoComune – le “cose che non corrispondono” alla versione ufficiale degli avvenimenti dell’11 settembre 2001, riteniamo sia un esercizio degno di attenzione, ma non fondamentale, poichè vi saranno sempre coloro (come l’ex attore ora politico Luca Barbareschi) i quali non crederebbero alle teorie alternative sugli attentati di quel giorno famigerato, nemmeno con una calibro 38 puntata alla tempia. Non è dalle prove delle fotografie e dei filmati, e cose di questo genere, che si nota il desiderio di alcuni circoli di potere globale di mantenere un forte potere di condizionamento sulle coscienze della maggior parte degli esseri umani su cui si espande il loro raggio d’azione.
Il cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale (nominiamolo così per capirci, con un’espressione ben nota) si distingue meglio nei dettagli. Mettiamo, nelle droghe e nelle dipendenze spacciate ogni giorno per la felicità del popolo: 1) Sport agonistico; 2) Politica fasulla; 3) Giornalismo colorato imbecille; 4) Alimenti e sostanze che deprimono le facoltà migliori del corpo e della mente; 5) Pornografia; 6) Istruzione manipolata.
Il tentativo di Nuovo Ordine Mondiale – che, a nostro parere, coincide con la Globalizzazione – è quello di estendere in modo massiccio tali condizionamenti, slegandoli totalmente da qualsiasi ente-nazione e facendo sì di renderli quasi TOTALITARI in ogni territorio dell’Impero USA-Nato. L’ “Uomo a una dimensione” descritto da Herbert Marcuse mostrato in maniera EROICA, come in certe pubblicità di campioni sportivi che sponsorizzano aziende multinazionali di scarpe, e che sono le stesse in tutto il mondo.
Questo stadio della Globalizzazione era ben visibile sui media alla fine degli anni novanta, in seguito si è come “meticciato” con la presenza sempre più massiccia della Rete, comunque il ritornello è sempre lo stesso: aziende private in ogni nazione riconosciuta dagli enti globali e svuotata di sovranità, aziende quotate in borsa che fabbricano merci prodotte a basso costo in Asia, Europa dell’est ecc, mercato internazionale, lingua inglese degli aeroporti (e altri NON LUOGHI simili), estrema raffinatezza del linguaggio pubblicitario, raffinata quanto fredda come un pezzo di ghiaccio, e slegata dalle culture locali…
E’ indubbio che, come aveva detto una volta il politico britannico Benjamin Disraeli, The world is governed by very different personages from what is imagined by those who are not behind the scenes. “Il mondo è governato da personaggi ben diversi di quelli immaginati da coloro che non sono dietro le quinte”. Non è ancora stata raggiunta una massa critica di conoscenza e consapevolezza tra la pubblica opinione, di questo fatto semplicissimo, che è solo esagerato da un certo numero di discorsi complottistici, ma che è essenzialmente VERO. Fino a che i molti non si renderanno conto di parteggiare o meno per un candidato politico il quale è esclusivamente un esecutore, nel suo territorio di riferimento, di direttive prese all’estero dai “governi nascosti” (= stegocrazia), tutti questi molti proseguiranno nell’essere sistematicamente ingannati, riponendo fiduce e speranze del tutto in malafede. Fazioni OMBRA le quali sono riuscite in pochi decenni ad avere il controllo della finanza di tutto l’emisfero occidentale, poichè il sistema del denaro fa in modo che in cima alla piramide vi si trovino i più spregiudicati arrivisti, persone che (come disse Sterling Hayden in una scena del film “Rapina a mano armata”), “Al posto del cuore hanno un grosso dollaro d’argento”, magari travestiti da FILANTROPI, i quali ovviamente fanno girare tutto quanto in modo da far sì che le cose funzionino per le loro famiglie – e affiliati – e non nell’interesse di qualcosa che potremmo chiamare “armonia generale”, collegata all’ “armonia Terra-Cosmo.” Se voi già andate sulla banalissima Wikipedia in lingua italiana, e leggete l’articoletto sui Rothschild e qualcosa sui Rockefeller, andando di link in link, solamente già da queste pagine web mainstream potete essere in grado di rendervi conto di come queste due famiglie (e le “organizzazioni non governative” a loro associate) siano riuscite in pratica a GOVERNARE e CONDIZIONARE tutto l’occidente, al di là di qualsiasi frontiera, con la forte influenza data dalle loro conoscenze e dal controllo sull’emissione di moneta, che viene imprestata giocando bene coi tassi d’interesse.
Un cosidetto INSIDER – ovvero un individuo che conosceva molto questi ambienti dall’interno – era il dottor Peter Beter, il quale faceva il consigliere generale della Banca di Washington nel settore import-export, fu candidato governatore per il West Virginia, rappresentante finanziario per importanti compagnie USA, e molto altro. Scrisse un libro Conspiracy against the dollar, “Cospirazione contro il dollaro”, in cui illustrava argomenti riguardanti le mosse delle fazioni ombra per continuare a mantenere il controllo totale sulla finanza dell’occidente anche in seguito allo sganciamento del valore del dollaro dalle riserve auree, dopo il 1971. Inoltre, se qualcuno di voi che sta leggendo questo post conosce bene la lingua inglese, può dare un occhiata a un intero sito web dove sono collezionate le “lettere audio” nelle quali il dottor Beter si dilungava a parlare di ciò che accadeva negli ambienti dove i vari governi ombra si impegnavano a condizionare massicciamente le politiche USA e, di riflesso, di tutto il mondo occidentale. Il dottor Beter scriveva e parlava molto soprattutto negli anni dal 1975 al 1982, periodo comunque cruciale, che gettò le basi finanziarie per la futura Globalizzazione a partire dal decennio successivo.
Un argomento che si era toccato nel precedente post, riguardava il progressivo smorzarsi delle NOVITA’ in un certo ambito musicale nell’attuale LINEA SPAZIOTEMPO. Ciò si potrebbe collegare anche al fumetto, per esempio, ma restando sulla musica, possiamo facilmente notare come quella che potremmo definire “era del rock-pop” sia in uno stato di ultramanierismo decadente senza alcuna via d’uscita, tenuto in vita solo dal mercato. Questo stato di cose somiglia a un limone da cui è stato spremuto tutto il succo. La linea spaziotempo del rock-pop è iniziata UFFICIALMENTE in un anno ESSENZIALE per la storia contemporanea, il 1956, con Jerry Lee Lewis, Little Richard, Billy Haley, Elvis Presley… In seguito, il Rock ha raggiunto la golden age nel decennio 1963-1973, subendo svariate metamorfosi al suo interno, facendo comunque crescere e vivere un aura di MITO TOTALE (contraddistinta anche da “caduti” che si potrebbero considerare come dei MARTIRI) la quale è arrivata fino ai Queen e ai Nirvana.
Questo possibile percorso è di interesse assai elevato poichè, andando a ritroso nel tempo, si potrebbe giungere fino al mago e occultista britannico Alesteir Crowley (dei suoi possibili legami col Rock abbiamo già parlato) e, comunque, è un fatto che i tantissimi gruppetti Rock i quali si propongono e pubblicizzano sui Social Network facciano parte di un fenomeno assolutamente inflazionato, e la celeberrima rete MTV può solo proporre miti del Rock di ieri perchè del Rock di oggi miti non ne esistono affatto, anche se magari hanno una tecnica prodigiosa e ci mettono tutta la passione possibile.
Questo discorso lo si può fare anche con altri fenomeni Pop, la stessa Madonna-LuisaVeronicaCiccone appena venticinque anni fa, era senz’altro molto meglio di diverse giovani di origine ispanica oggi in circolazione, eppure qualche cantautore italiano già all’epoca si lamentava della “spazzatura musicale”. Vinicio Capossela e Max Gazzè saranno pure dei grandi artisti del nostro oggi, ma NULLA, proprio NULLA possono di fronte a dei MITI ASSOLUTI come Fabrizio De Andrè, Giorgio Gaber, Luigi Tenco o anche solo Lucio Battisti, proprio perchè questi ultimi sono vissuti nel PIENO di un’Era musicale-pop costituzionalmente mitica, perchè non si era ancora raggiunto un livello assai elevato di inflazione e di pesantezza asfittica di una linea spaziotempo iniziata, come abbiamo scritto prima, nel 1956.
Vi sono queste radio che trasmettono classici pop-rock (come abbiamo già accennato l’altra volta), i quali possono essere solo “di ieri”, poichè OGGI classici non ne possono esistere (e non perchè lo saranno un “domani”, sia chiaro!), la musica radiofonica di oggi sa generalmente così di “già sentito”, che molta roba trasmessa da Radio Nostalgia, Radio Babboleo Suono, Radio Capital, risalente agli anni 70-80, non può altro che essere definita come Grande Musica, soprattutto la DiscoDance e molti brani NewRomantic e New Wave. E, parlando di queste radio, spunta nuovamente fuori quell’anno, “da cui tutto è iniziato”, il 1956, poichè, ricordando una emittente radio del tipo di quelle che abbiamo citato poco fa, che non esiste più, Radio 105 Classics, ci viene in mente come i brani più remoti, indietro nel tempo, che trasmetteva – oltre alla maggior parte dei 70-80 – risalivano proprio al 1956!
Ora, il trionfo della BANALITA’ della Globalizzazione – messa in opera da quei gruppi ombra che abbiamo citato prima – potrà in qualche modo essere relazionata a questa perdita di MITO riguardante la linea spaziotempo del Pop-Rock, l’inaridirsi di un terreno fertile di leggenda dovuto…esattamente a una specie di perdita di propulsione temporale in attesa di cosa?…di un “atterraggio” sul TEMPO ZERO?

La volta scorsa abbiamo stabilito un collegamento inusitato tra la nascita del Rock, il Nuovo Ordine Mondiale, e la linea spaziotempo – su cui ancora ci stiamo trovando, sulla quale ancora attualmente proseguono tutte le nostre azioni. Iniziata nel 1956, sono perlomeno 30 anni che sta perdendo la sua forza propulsiva, fenomeno che si è acuito nel decennio 1990 e ancora di più nel decennio 2000.
Il punto CARDINE, d’inizio, in rapporto a cui TUTTE le produzioni musicali occidentali popolari si riferiscono da quel momento lì in poi, lo si può agevolmente situare nel 1956.
Lasciando perdere i brani di rock primigenio, come certe cose di Sam Philips del 1951 o dei Fats Domino nel 1949, oltre – naturalmente – a tutta la produzione jazz (che ha sempre avuto un mondo di estimatori a parte), il ROCK è uscito decisamente all’attenzione del mondo occidentale nel 1956.
Se non si considera come il rock sia stato la BASE di tutta la cultura giovanile musicale occidentale che si sarebbe successivamente imposta, declinata in mille maniere (british, progressive, dance, punk, metal, pop,…), non si riesce a comprendere come ciò è legato con la fine della Storia dovuta alla perdita di propulsione dell’Onda Temporale in questione.
Il 1956 è stato l’anno in cui il DOPOGUERRA fu ufficiosamente inaugurato, l’anno in cui diverse “scosse di assestamento” cronologiche, presero una forma caratteristica che sagomò caratterialmente i decenni a venire.
In quell’anno la Francia di Guy Mollet e il Regno Unito di Anthony Eden combatterono l’ultima GUERRA ALLA VECCHIA MANIERA contro l’Egitto di Gamal Abdel Nasser e l’Israele di David Ben Gurion, per via della faccenda riguardante il canale di Suez occupato e nazionalizzato dagli egiziani, una guerra completamente fuori dal tempo (ebbe contrari sia gli USA di Eisenhower che gli URSS di Khruščёv ) e inaugurò ciò che poi per lungo tempo sarebbe stata chiamata “Polveriera del Medioriente”, una situazione che abbiamo imparato a conoscere molto bene.
Questa crisi fu contemporanea a quella scoppiata in Ungheria, dove si voleva imboccare una “via al socialismo” diversa dalla Chiesa Madre URSS che, infatti, intervenne coi carri armati anche perchè i due blocchi su cui ruotava la Storia erano adesso stabilizzati: N.A.T.O. da una parte e Patto Di Varsavia dall’altra! Qualche mese prima si era tenuto il celeberrimo XX Congresso del Partito Comunista dell’URSS, dove il segretario generale Nikita Khruščёv aveva cominciato a demolire la “sacralità” della figura di Stalin (simbolo uscito dritto dritto dalla VITTORIA nella Seconda Guerra). Inoltre si era alla vigilia delle primissime imprese spaziali: l’anno successivo i sovietici avrebbero lanciato in orbita per mezzo di un missile una specie di pallone metallico con le antenne chiamato Sputnik.
In quel periodo la stessa linea delle autovetture si era stabilizzata, un tipo di design che – nei tratti più essenziali – possiamo affermare sia sopravvissuto fino a oggi. Infatti, per fare un esempio, la Fiat Nuova 500, la Citroen DS e diversi modelli di auto USA Chevrolet possiedono un aspetto tutt’altro che sorpassato. Inoltre, sulle strade si vedevano circolare sempre più scooter, Vespe o Lambrette che fossero.
L’industria musicale veramente DI MASSA stava sorgendo con la nascita del supporto di vinile, che sostituiva i 78 giri di celluloide e, da questo, la nascita dei Juke Box, in diverse zone del mondo, tra cui gli USA, stavano cominciando a prendere piede i televisori a colori delle origini. Tra le altre cose, non dobbiamo inoltre dimenticare come in quell’anno venne implementato il primo computer con l’HARD DISK!
Il cinema era in pieno fermento, come in una specie di febbre: la Nouvelle Vague in Francia, grandi registi come Federico Fellini, Michelangelo Antonioni e Roberto Rossellini in Italia, gli USA con la forza delle loro produzioni come quelle di Nicholas Ray e Billy Wilder, per non parlare di Orson Welles e delle grandi produzioni hollywoodiane. Nascevano MITI che avrebbero marchiato a fuoco l’immaginario collettivo: Brigitte Bardot, Marylin Monroe, e il giovane ribelle James Dean, corrispettivo in celluloide della Beat Generation che stava rivoluzionando la letteratura USA…e nello stesso tempo i MITI del Western cinematografico come John Wayne e Gary Cooper erano più in forma e virili che mai, ed erano ormai riusciti a contagiare l’immaginario giovanile, “della frontiera”, di tutti i territori N.A.T.O.
In sordina, nel Regno Unito, vi era un gruppo, The Quarryman, il cui leader era un certo John Lennon, e suonavano un genere di protorock chiamato skiffle. Ne avremmo sentito parlare, visto che quei ragazzi serviranno a personaggi come Ervin Laszlo per ristrutturare completamente gli stili di vita di una categoria (successivamente si sarebbe chiamato target), quella dei “giovani”, categoria inesistente in precedenza.
Intanto, lo stesso POSTMODERNO stava sorgendo in sordina in quel centro GEOCRONOLOGICO DI STABILIZZAZIONI STORICHE chiamato 1956. L’acme del MODERNO si stava impercettibilmente trasformando nella sua parodia. Nel percepire il “MOTORE CHE RALLENTA I GIRI” pensiamo a quelle domande al volo fatte da certi giornalisti del Tg3 Regione – già nel 1999, ci sembra – ad alcuni trentenni che uscivano da un locale revival, e uno di questi rispondeva che andava ad ascoltare la Disco Dance fine anni 70 “perchè oggi novità non ce n’erano”, oppure Stefano Belisari (Elio) quando dice che “Le ultime cose interessanti – del rock – risalgono agli anni settanta” e “I pezzi Disco di ieri ci sembrano capolavori perchè erano ancora musica.”
Certo, ma MUSICA all’interno di quel paradigma post-1956 di cui stiamo parlando. Non a caso, tutte le varie trasmissioni basate sui ricordi – radiofoniche, televisive o altro – è molto più frequente che vadano dal 1956 “in giù” piuttosto che dal 1956 “in su”. 

La consapevolezza, più o meno strisciante e inconscia, di come il 1956 sia stato una sorta di BIG BANG dell’era in progressiva perdita di propulsione dentro cui stiamo tuttora proseguendo, la si può trovare in diversi film: in Pulp Fiction, c’è una scena che viene ambientata all’interno di un ristorante immaginario chiamato Jack Rabbit Slim’s, dove si ballano brani rock proprio di quel periodo esatto, e tutto in quel locale – dall’arredamento al personale – è praticamente un omaggio rumoroso alla seconda metà degli anni cinquanta; in Blue Velvet (“Velluto Blu”) vi sono tantissimi riferimenti a quell’epoca precisa, soprattutto nella colonna sonora. Poi vi è una summa di quell’anno, che è American Graffiti di George Lucas. E vi sono i primi due film della serie “Ritorno al futuro” di Robert Zemeckis incentrati in un continuo RIPENSARE, col pretesto dei viaggi nel tempo a bordo della Lotus, a un collegamento tra il 1955 (anno scelto sia per “arrotondare” sia perchè faceva 30 anni esatti prima del 1985, anno di realizzazione del primo film della serie) e i tempi dell’ “era Reagan” nei quali – aguzzando i sensi – si poteva già percepire la spinta propulsiva discendente verso il TEMPO ZERO, e forse non a caso il secondo film della serie era basato su una serie di viaggi nel tempo incrociati tra il 1955, il 1985 e il 2015, quest’ultima data si può dire abbastanza COINCIDENTE con quella di ESAURIMENTO della linea spaziotempo!

Il passato è una specie di spettro. Il futuro è legato strettamente ad esso; possiamo scrivere che sono l’uno il prolungamento dell’altro. La decifrazione del passato la chiamiamo STORIA. Molti la vorrebbero scritta una volta per tutte, facendola entrare in un museo imprimendole il timbro di ceralacca. Invece, come ogni disciplina, la storia viene costantemente revisionata e riesaminata, senza fine. Nuove scoperte e nuovi punti di vista ampliano il nostro modo di considerare le cose, mostrandoci particolari che non avevamo sospettato in precedenza.
Da bambini credevamo – fissandoci su certe tavole degli atlanti geografici i quali mostravano tutte le coste del Mediterraneo vicine a quelle dell’Europa – che il litorale dal Marocco all’Egitto non avesse alle sue spalle, verso l’equatore e verso sud, l’intero continente africano. Solo dopo un certo tempo scoprimmo altre tavole di quell’atlante geografico, in scala minore, le quali mostravano come il cosiddetto Nordafrica corrispondesse, in effetti, a quelle altre tavole che mostravano i paesi del Mediterraneo e consideravamo chiuse in loro stesse, senza legami col resto del gigantesco continente nero, il quale invece proseguiva anche nell’emisfero sud del pianeta, giungendo fino al capo di Buona Speranza nella Repubblica Sudafricana.
Ebbene, questo ricordo d’infanzia ci offre l’occasione di usarlo come metafora per considerare l’ampliamento di una visione (nel nostro caso geografica, ma anche storica) una volta che si ha avuto modo di imbattersi in documenti i quali mostrano come ciò che credevamo il tutto era invece solo una parte di una realtà più vasta.
Guarda caso, anche un certo numero di avvenimenti molto importanti inerenti al fondamentale anno 1956 riguardano proprio i litorali del Nordafrica, e specificatamente l’Egitto. Come abbiamo illustrato in qualche post di Civiltà Perdute, il 1956 è stato un anno cardine per l’eterno presente spettacolare che stiamo vivendo, un anno PIVOTALE per usare un inglesismo. Molti, più o meno consciamente, se ne sono resi conto, compreso il gruppo dei Wu Ming (ex Luther Blissett) il quale ha scritto qualche anno fa un libro intitolato 54, che narra proprio tutto quel ribollire di cambiamenti  che – nel giro di due anni – porterà al BIG BANG di nome 1956.
Perchè un ex camionista del Mississippi, incidendo il brano Heartbreak hotel, farà ruzzolare giù dai fianchi del monte del tempo una palla di neve che in poco tempo diventerà una valanga la quale travolgerà in occidente tutta la musica che si ascoltava in precedenza?

 

Valanga che aumenterà in velocità, pressione e potenza soprattutto nei “favolosi anni sessanta” e in special modo nel 1967 (Jimi Hendrix, Beach Boys, David Bowie…), giungendo fino alla Disco Music degli anni settanta e alla centralità della “moda” e dello “stile” negli anni ottanta (New Wave e affini), nei quali – anche se un livello importante di inflazione temporale non era stato ancora raggiunto – tuttavia si percepiva il ritmo gelido della decadenza e il RIFLUSSO e il REVIVAL i quali stavano per ghermire le menti di coloro che seguivano la musica pop. Nello stesso tempo, il pessimismo e la depressione generati dagli angosciosi anni ottanta venivano tradotti in musica da gruppi come The Cure, e la rabbia di certe canzoni di protesta di un quindicennio prima veniva esagerata in modo ironico-violento dal variegato mondo del Metal. Gli anni novanta e gli anni duemila sono stati invece il trionfo mediatico della “nostalgia del tempo passato”, e l’onda lunga dei programmi televisivi, dei libri e dei siti internet dedicati alla “nostalgia” (anche di ridicolaggini) non si è tuttora fermata, nonostante si sia appena entrati in un decennio assolutamente X, per così dire, in cui è probabile assisteremo alla “fine del mondo a noi conosciuto”, come cantano i REM.
Non abbiamo ancora una messe di documenti e dimostrazioni oggettive e scientifiche in tal senso, ma abbiamo l’intuito e nutriamo la strenua convinzione che il 1956 sia stato un anno che l’amico di questo blog chiamato Il Mondo Simbolico, definisce ANNO PORTALE.
Vogliamo restringere il periodo dopo il 54 (titolo del libro dei Wu Ming), che sfocerà nei sessanta, simbolizzandolo in un determinato anno.

Un anno in cui le icone pop della cultura angloamericana emergevano come TOTEM da ignote cavità sotterranee, Marilyn Monroe in testa (una mia amica affermò quasi di provare la sindrome di Stendhal nei suoi confronti), il “ciuffo ribelle” James Dean…e poi ancora altre NOVITA’ di un universo intero in formazione. 
Un’ altro presumibile anno portale è il 1945, la fine del grande incubo della Seconda Guerra Mondiale, l’ultima guerra davvero EROICA e marcatamente STORICA – naturale proseguimento della Prima Guerra Mondiale – in cui ogni battaglia e quasi ogni massacro di esseri umani trasudava eroismo propagandato. Quella guerra era stata manichea in modo forsennato, il BENE contro il MALE (quest’ultimo rappresentato dalla “cospirazione in piena luce” chiamata nazismo, fortemente mistica o misticheggiante), i bombardamenti erano veramente “a tappeto”, città di centinaia di migliaia di abitanti nel cuore dell’Europa bruciavano nel fuoco – come avrebbero cantato gli Stadio anni e anni dopo nel brano “Chiedimi chi erano i Beatles” – gli innocenti venivano mitragliati o cremati senza pietà, vi era un aria da “Caduta degli Dei” da “plumbeo sudario” (come avrebbe cantato Pierangelo Bertoli) che non si sarebbe mai più davvero avvertita in seguito, nonostante tutti i conflitti esplosi dal ’45 in avanti. E, come suggello a tutto questo, l’ARMA DEFINITIVA, fatta detonare sopra due città del Giappone, dopo di cui la Storia non sarebbe più stata uguale a se stessa. Un’arma che polverizza esseri umani, o li trasforma in mostri, o li rende malati per sempre. I germi dell’EQUILIBRIO DEL TERRORE erano seminati, e la Bomba H di Edward Teller avrebbe rinforzato questa consapevolezza nelle masse ancora di più. La TERZA GUERRA MONDIALE (dopo il ricordo tremendo delle prime due) fu uno spettro che venne sempre fatto ben percepire al pubblico dai mass media  (e dai decifratori di profeti di sventura come Nostradamus), persino dopo il 1989, e qualcuno lo vede come esito naturale futuro di un mondo caotico e ingiusto. Non la fine del tempo dunque, ma il ritorno alla preistoria cavernicola – radioattiva – pura e semplice, pensando a quella celebre frase di Einstein.
Ritorniamo al 1956. Dei tre GRANDI alla conferenza di Yalta, uno è morto di poliomielite, l’altro è in pensione a dipingere quadri e l’altro ancora è “mancato all’affetto dei compagni dell’internazionale” (forse avvelenato, è difficile sapere) con grandi celebrazioni funebri da parte dei comunisti di tutto il mondo, soprattutto gli italiani di Togliatti. Il COMINFORM – sostanzialmente una polizia politica che manteneva uniti ideologicamente gli stati satelliti dell’URSS – viene smantellato, ed è un primissimo passo di ciò che porterà al crollo dei regimi dell’est trentatrè anni dopo. Il doppio astrale di Gorbaciov chiamato Nikita Khruščёv denuncia al XX congresso del PCUS l’infermità mentale dell’ultimo EROE della Guerra, colui che ha sconfitto Hitler con l’Armata Rossa. Pochi sembrano farci caso ma questa fu davvero una sconfessione epocale. Il “Piccolo Padre”, il BAFFONE, il simbolo del paternalismo internazionale per eccellenza, che veniva condannato colpevole di crimini e repressione e, in pratica, definito folle! Era stato un fortissimo colpo allo spirito “maschile” che aveva dominato la prima metà del XX secolo.
Contemporaneamente, all’altro capo dell’oceano, Elvis Presley mostrava una figura e uno stile in netto contrasto con l’aspetto e i comportamenti virili fino ad allora abituali e si stava preparando dietro le quinte un elezione presidenziale USA la quale mostrava uno dei due sfidanti alla Casa Bianca dall’aria molto, molto poco paternalista, e avrebbe vinto.
Un po’ di righe fa citavamo, non a caso, il litorale nordafricano. Fu qui, e precisamente in Egitto, nel Canale di Suez che venne “inaugurato” nel 1956 qualcosa che avremmo imparato a conoscere molto bene, e che ci avrebbe fatto da accompagnamento alle nostre giornate, quasi fosse una radio sintonizzata su un qualche programma consueto, attraverso gli schermi dei telegiornali: la POLVERIERA MEDIORIENTALE. I problemi politici e bellici del Medioriente che coinvolgono la geopolitica internazionale.
Tra la fine degli anni cinquanta e l’inizio dei sessanta il colonialismo dei paesi europei come Francia e Regno Unito, si stava sfaldando, e gli stati dell’Africa e del Medioriente stavano sempre più affrancandosi dall’orbita dell’occidente, loro “tutore” fino ad allora. Ma il mancato finanziamento USA-UK per la diga di Assuan fece sì che Gamal Abdel Nasser, il presidente egiziano che sognava un impero arabo esteso dal Marocco alla Siria (ma senza Israele), si avvicinasse all’URSS e nazionalizzasse il Canale di Suez – il quale fino ad allora era gestito dall’occidente, i britannici soprattutto. I proventi del Canale sarebbero serviti per finanziare i lavori di costruzione della diga.

Nasser è un altro FENOMENO che emerse con decisione in quell’anno BIG BANG – nel quale, tra l’altro, erano in preparazione i primissimi viaggi spaziali e si stavano diffondendo i primordiali dischi di vinile – non si può definirlo altrimenti, Nasser, è una figura che sembra provenire dal futuro (come quella di John Kennedy): questo Saddam Hussein, o Gheddafi ante litteram che si inseriva di prepotenza nelle questioni di politica internazionale del mondo intero, quando precedentemente nessun presidente a quelle latitudini si era mai prima permesso di farlo, subalterno com’era ai voleri colonialisti di Londra e di Parigi.
In un altro post, abbiamo scritto che la CRISI DI SUEZ era l’ultima guerra “alla vecchia maniera”. Dobbiamo correggerci, non è affatto vero. E’ stata la prima guerra completamente ANTIEROICA (dunque in antitesi alla Seconda Guerra Mondiale), come non lo era stata nemmeno quella di Corea e non lo sarà quella del Vietnam. E, pochi lo ricordano, accompagnata da ferocissime proteste di massa nel Regno Unito contro le decisioni dell’allora premier Anthony Eden, le quali porteranno infine alle sue dimissioni. Il pretesto di Francia e UK per intervenire nel conflitto era quella di “separare gli eserciti avversari di Egitto e Israele” quando l’esercito di quest’ultimo stato aveva invaso il deserto del Sinai fino al Canale di Suez. Solo che i bombardamenti Francia-UK sugli obiettivi militari di Porto Said e Ismaila e lo sbarco di paracadutisti elitrasportati stavano avvenendo DOPO il cessate il fuoco tra i due paesi mediorientali imposto dall’ONU e, inoltre, i britannici facevano piovere dagli aerei sul deserto volantini su cui c’era scritto che il popolo egiziano doveva “non avere più fede nelle decisioni del presidente Nasser altrimenti le bombe sarebbero continuate a cadere sulle città del Canale”, il quale cominciava tra l’altro a essere ostruito dalle navi affondate dagli egiziani come rappresaglia, divenendo quindi impraticabile. I dirigenti dei due paesi che volevano riprendersi il canale con la forza non facevano che rimediare agli occhi dell’opinione pubblica una brutta figura dopo l’altra. I tempi di Churchill sembravano molto lontani e i franco-britannici difendevano con le armi un’idea coloniale che si stava sciogliendo come gelatina, impantanandosi a Suez.
Insomma, la guerra (che avveniva in contemporanea ai moti rivoluzionari ungheresi contro i sovietici russi) era costata pochi morti e feriti ma aveva provocato tanto trambusto nel mondo – a un certo momento i sovietici minacciarono velatamente di intervenire facendo di Londra e Parigi gli obiettivi dei loro “razzi teleguidati a larga autonomia dotati di esplosivo nucleare”.

Tutto questo accadeva mentre la musica rock’n roll e rockabilly veniva promanata da radio minuscole rispetto a poco tempo prima e trasformava le menti degli esseri umani “anagraficamente ipodotati”, mentre i juke box iniziavano a occupare capillarmente i bar, e quiz televisivi e telefilm prendevano piede in tutto l’occidente. I tempi della Crisi di Suez e della rivolta Ungherese (novembre 1956) erano movimenti tellurici che annunciavano la fine del moderno, la fine della storia come narrazione sicura e conseguente, come AVANGUARDIA un progresso dopo l’altro verso il “Sol dell’Avvenire”. In quel periodo, nelle anticamere del cervello di Andrew Warhola (sarà conosciuto dagli anni sessanta come Andy Warhol) – durante l’acme dell’espressionismo astratto – stava forse già sorgendo una certa linea che lo avrebbe portato a quelle sue opere tutte uguali – “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”, Walter Benjamin – le quali opere, per lo storico dell’arte italiano Giulio Carlo Argan, una delle massime autorità ufficiali in materia, erano nientemeno che “la FINE della storia dell’arte”, certificata.
In quello stesso 1956, proprio mentre vi erano tantissime persone nelle piazze in Inghilterra per protestare contro le decisioni del gabinetto Eden, c’era un gruppetto, un complesso di musicisti di Liverpool che suonava un protorock di matrice popolaresca chiamato Skiffle, con strumenti quasi di fortuna costruiti da loro stessi, come uno strumento di corde tese sul bordo di una scatola che sostituiva il contrabbasso. Questo complesso si chiamava The QuarryMan, il loro leader era John Winston Lennon e ce lo possiamo figurare, coi capelli corti, la giacca e la cravatta nere, in certe foto in bianco e nero che sembrano distanti ere geologiche dai tempi dell’album Sgt Pepper’s lonely hearts band, uscito appena undici anni dopo.
In quell’anno, invece, era il tempo in cui ANCORA TUTTO DOVEVA SUCCEDERE, anche se, per esempio appena tre anni prima, era uscito negli USA un romanzo breve di Ray Bradbury il quale faceva prendere coscienza al lettore di certi condizionamenti negativi che pochissimi allora potevano davvero percepire, si trattava di un altro seme di futuro nel passato, e la prima edizione italiana, intitolata “Gli anni della Fenice” anzichè Fahrenheit 451, sembra suggerirci quella – per certi versi affascinante – incomprensione del futuro quando si incastona nel passato, con un titolo e una copertina che suggeriscono argomenti di fantascienza classica alla epigoni di Asimov mentre il contenuto parla sostanzialmente di lavaggio del cervello delle masse attraverso la realtà virtuale!
Ritornando ai tempi delle crisi contemporanee di Suez e d’Ungheria, ci viene un sentimento strano nel pensare ad esse come a una sorta di “archeologia dell’OGGI”, dell’eterno presente massmediatico che viviamo ancora. Come abbiamo già avuto modo di scrivere, sulle radio di nostalgia musicale come “105 classic, la radio delle stelle” intorno alla metà dei novanta, poteva capitare durante le ore più piccole, che trasmettessero dei brani della programmazione risalenti il più lontano possibile nel passato, e questo passato era poco oltre la metà degli anni cinquanta…

Segnali di esaurimento delle novità nella maniera consueta di vedere il mondo e la storia

21 03 2011

Come abbiamo scritto diverse volte sul blog (che da oggi tornerà a chiamarsi “Civiltà Scomparse”), l’attuale linea spaziotemporale è prossima a una svolta di portata più che storica, probabilmente cosmica. Vi sono diversi indizi al riguardo, sul fatto che l’attuale linea spaziotemporale abbia raggiunto qualcosa che si potrebbe chiamare “saturazione delle novità” nel modo consueto di percepire la realtà e la storia.
Eccone una breve lista:1) La massima estensione della civilizzazione metropolitana;2) La fine della creazione di aziende storiche (pensiamo a quella dell’automobile, per esempio) messe in piedi dai “grandi capitani d’impresa”. Il cosiddetto Capitale Primario investito nelle novità tecnologiche non esiste più, c’è ora, anzi, la tendenza a ridurre il parco aziende invece che metterne su di nuove;3) La massima estensione – prevista nel breve periodo – delle reti di comunicazione;4) L’ecosistema minacciato. Ma non dalle generiche “attività umane”, bensì dall’attuale economia basata sul consumo ciclico, prodotta da aziende multinazionali con le quote associate alla finanza monetaria a debito. Una CRESCITA che è divenuta pura illusione psicopatica, ma continua a essere perseguita;5) La scomparsa degli inventori e delle invenzioni “che fanno la storia” 6) L’IPERCODIFICA di personaggi di finzione – da Don Chisciotte a Sherlock Holmes, a Superman, ecc – inventati in una linea temporale ancora produttrice di novità riconoscibili, e la maggiore IPOCODIFICA mano a mano che l’invenzione di nuovi personaggi si avvicina ai nostri giorni. Guardiamo come i film americani negli ultimi dieci anni siano stati quasi costretti a riciclare in continuazione COSE GIA’ VISTE E RIVISTE, nella sostanziale incapacità di reggere la globalizzazione dei mercati anche nel cinema con personaggi ormai non più ipercodificabili ulteriormente, per secolarizzazione e assuefazione del pubblico. Ciò riguarda persino le automobili, pensiamo al grande impatto immaginifico del vecchio Maggiolone Volkswagen, e alla sostanziale NULLITA’ DI IMMAGINARIO della “New Beetle” Volkswagen. In questo caso, il Maggiolone sta ai The Beatles come la “New Beetle” sta agli Oasis. E questo ci conduce al punto 6;maggiolonebeatles
new beetle 1999oasis_brit pop

7) La fine delle novità in campo musicale non-accademico/classico e non-jazz puro, con una micidiale ripetizione dell’offerta, soprattutto per quanto riguarda la musica leggera, pop, rock, e anche disco dance. Avril Lavigne, Shakira, il caso di Britney Spears (la cantante che non sa cantare ma che grazie alla tecnologia prima e alla pubblicità poi diventa una star internazionale, per poi quasi scomparire), e si arriva ai cantanti storici di casa nostra – quelli residui – invecchiati, ultrasecolarizzati e non più rinnovabili, mentre quelli giovani non fanno che ripetersi e decadere. Iniziano le loro carriere che sono praticamente già risaputi. Un panorama degno dell’albo “La zona del crepuscolo” di Dylan Dog! Persino il musicista neo-classico Giovanni Allevi si potrebbe considerare un sintomo di questa attuale condizione di “non novità” dello spettacolo mainstream, così come la recente riunificazione dei Take That, un evento che sa di canto del cigno, di “siamo alla frutta”, e lo si vede lontano un miglio;

8) La totale stabilizzazione dei NOMI ma soprattutto dei COGNOMI. Un fenomeno che, in particolare nel caso dei cognomi, era già presente nel secolo scorso, segnale anche questo di uno stallo, che può precedere un crollo, una riconversione cosmica;

9) La marmorea stabilità geografica delle nazioni occidentali, in particolare europee e, anche qui, l’ipercodifica-secolarizzazione totale e irreversibile di gran parte della loro cultura, miti storico/nazionali/artistici, istituzioni, ormai inamovibili.

Tutto ciò che abbiamo esposto è inoltre collegato all’esaurirsi dell’approvigionamento di petrolio a buon mercato, alla crisi totale del lavoro concepito tradizionalmente (che si accompagna a quella del sistema economico-monetario) e nel fatto che NON SI VEDE UN FUTURO perchè si prosegue a mantenere uno stato di cose basato su ciò che si potrebbe chiamare “competitività materialistica”. Questo tipo di assetto è sempre più volto alla conservazione dello status quo piuttosto che alla generazione di novità e progresso, come poteva essere per esempio negli anni sessanta del XX secolo.
Nell’attuale linea temporale tutto è diventato conservazione, reazione e mancanza di novità e progresso. Basta guardare il design delle automobili di oggi, che ricicla clichè piuttosto che inventare nuove linee ma – appunto – ciò comunque non si può più fare senza riciclare, nemmeno volendolo.
Certo, si potrebbe dire: “Il nuovo, in questo caso, sarebbe un nuovo tipo di carburante per la propulsione, non le attuali sostanze fossili non rinnovabili e costose”. Il punto è che un energia pulita a bassissimo costo (se non nullo) sarebbe già implementabile – come esiste una quantità di invenzioni registrate non ancora rilasciate – ma ciò significherebbe far entrare tutta l’umanità IN UN ALTRO MONDO, probabilmente senza denaro, un fragoroso voltare pagina che ci porterebbe in una dimensione non confrontabile con l’attuale “gestione dell’esistente”, con il consueto status quo (come si diceva prima) in cui stiamo tuttora galleggiando, pieni zeppi di abitudine globalizzata, drogata di aziendalese – o globish – la lingua dei non luoghi internazionali, la lingua degli aereoporti, la lingua dell’abitudine sclerotizzata spinta all’inverosimile e mascherata da libertà.

Quindi, di fronte a manifesti che mostrano idee pubblicitarie insulse e rimasticate le quali pubblicizzano conti correnti vantaggiosi, con quei volti accattivanti che in fondo non accattivano più nessuno, di fronte all’esaurimento totale e irreversibile di idee che le espressioni della creatività umana attraversano nell’attuale linea temporale, ci viene in mente il crollo del PCUS vent’anni fa. Seguendo un certo filo, comprendente un libro come “No Logo” di Naomi Klein

no logo

che ha anticipato certe tendenze tuttora in atto, immaginiamo che in un futuro più o meno prossimo (tenendo presente la ciclicità degli avvenimenti storici), vi saranno 100, 1000, 10.000 PCUS che si dissolveranno: ovvero le società, le aziende, le multinazionali basate sulla percezione competitiva, monetarista e consumistica della realtà. Come è stato, del resto, in qualche maniera profetizzato da un film come “Il pianeta verde” di Coline Serrau una quindicina di anni fa.

Aggiunta off topic: L’avvenimento dell’11 marzo che ha traumatizzato il Giappone e il mondo intero sembra essere simbolicamente legato a Chernobil (25 anni fa esatti) e a Hiroshima (66 anni fa), e dà un po’ l’idea di un RIASSUNTO, come era stato la Guerra del Kosovo nel 1999, quando sembrava essersi rimescolata l’atmosfera di tutte le guerre del XX secolo che allora stava finendo.
Inoltre, l’attuale azione militare contro la Libia sembra quasi rispecchiare quella di esattamente (di nuovo) 25 anni fa, la quale era quasi in contemporanea con il disastro della centrale nucleare dell’URSS.
Nel 2006 avevamo notato come la vittoria della nazionale italiana ai mondiali di calcio e la guerra contro il Libano nella stessa estate erano quasi un doppione di ciò che succedeva 24 anni prima, nel 1982!

Anche la scienza dice che “la musica non è più quella di una volta”

17 09 2012

Questo articolo è una conferma – basata addirittura su una ricerca scientifica, quindi qualcosa di oggettivo, non fantasie – della progressiva mancanza di novità all’interno dell’impero commerciale della musica pop, rock ecc, in occidente, in un arco di tempo che va dal 1955 (periodo che abbiamo già visto) al 2010. Appiattimento, ripetitività, utilizzo massiccio della citazione e del rifacimento. Riferendosi sempre a “età dell’oro” del passato, che si possono solo rimpiangere, ricordandole costantemente, quasi in modo masochista.

Ciò che pochissime persone fanno – io sono una di queste – è collegare questo esaurimento riguardante il mondo della musica alla perdita di propulsione della stessa storia, dovuta alla quantità di passato che si trascina dietro. Come un mulo che, progressivamente caricato di pesi sempre maggiori da portare sulla groppa, alla fine è costretto a fermarsi perché ha troppa roba addosso e non ce la fa più a proseguire.

Questo “punto zero”, quando il tempo della storia in occidente smetterà di scorrere nella maniera in cui siamo stati abituati, è certo che avverrà entro questo decennio. Troppi indizi e segnali non possono fare a meno di farlo pensare. Ma leggiamo l’articolo a questo indirizzo web, http://it.ibtimes.com/articles/35972/20120917/musica-monotona-contemporanea-studio.htm.

“La musica non è più quella di una volta”: uno studio scientifico lo dimostra

Di Dario Saltari | 17.09.2012 12:06 CEST

La musica contemporanea tende ad essere sempre più uguale a sé stessa, ripetitiva e monotona. Ad affermarlo non è un nostalgico della musica rock anni ’70 o della dance anni ’80 ma un vero e proprio studio scientifico dal titolo “Measuring the Evolution of Contemporary Western Popular Music”.

“Non è sempre la stessa (canzone)?” si chiede lo studio all’inizio dell’introduzione “questa domanda potrebbe essere facilmente posta durante l’ascolto di qualunque radio all’interno di in un paese occidentale”.

Lo studio, realizzato dal Consiglio Superiore

di Ricerca Scientifica di Spagna per la rivista Scientific Reports, è andato ad analizzare circa 500mila canzoni (per la precisione 464.111) prodotte tra il 1955 e il 2010 classificabili tra i generi più comuni come rock, pop, hip hop, metal ed elettronica. La mole di musica presa in analisi corrisponde, all’incirca, a 1200 giorni di ascolto continuo.

I ricercatori, attraverso lo studio di tre “parametri musicali” principali ovvero intensità, tonalità e timbro, si sono accorti che le variazioni tra i gruppi di note è andato costantemente diminuendo negli ultimi 55 anni.

“Questi parametri musicali sono come le parole di un testo” ha dichiarato Joan Serrà, uno dei responsabili dello studio, al quotidiano argentino Clarin “ed abbiamo osservato che ci sono sempre meno parole diverse”.